Un’ipotesi interpretativa per un’interessante serie di disegni di Giuseppe Lorenzo Gatteri.
Nell’ambito del considerevole legato di Matilde Weber Gatteri, sorella del pittore, donato al Museo Revoltella nel 1904, oltre ai disegni che a più riprese Giuseppe Lorenzo Gatteri dedicò alla Cantica dell’Inferno, vi è un piccolo nucleo di disegni dedicati alla figura di Dante Alighieri nella sua veste ‘politica’.
Giuseppe Lorenzo Gatteri, serie di bozzetti preparatori dell’acquerello finito centrale Dante consegna l’epistola a Cangrande della Scala. Inventari 196/3; 217/3; 213/19 e 217/1. Matita di grafite e acquerello grigio su carta bianca e su carta beige, legato Matilde Weber Gatteri, Trieste 1904.
Si ipotizza, infatti, che una serie di cinque disegni poco più che abbozzati, unitamente ad un disegno acquerellato di maggiori dimensioni e decisamente molto ben definito, illustrino la visita del Sommo Poeta al giovane Cangrande della Scala, Signore di Verona.
Terzogenito di Alberto I della Scala, Can Francesco rivelò ben presto le sue doti politiche e miltari quando, appena ventenne, in seguito alla morte dei due fratelli maggiori (Bartolomeo,1304 e Alboino, 1311), dovette assumere il governo della città con il soprannome di ‘Cangrande’. Nominato vicario imperiale da Arrigo VII di Lussemburgo, eletto Imperatore del Sacro Romano Impero dalla dieta tedesca, dopo la morte di quest’ultimo nel 1313, Cangrande assunse il comando della lega che riuniva Verona, Milano e Mantova, alla guida ghibellina del nord est.
Dante fu particolarmente affascinato dalla figura di Cangrande della Scala, al cui servizio rimase dal 1313 fino al 1318. Al giovane condottiero di Verona, in cui forse il poeta intravedeva l’ideale e colto signore che avrebbe potuto pacificare la sua amata patria, dilaniata e resa selvaggia da feroci lotte intestine, Dante dedicò il Paradiso, indirizzandogli inoltre la famosa Epistola XIII, in cui venivano fornite determinanti chiavi di lettura per la comprensione dell’intero poema.
A Cangrande è solitamente accostata l’immagine del “veltro”, l’ambigua figura evocata da Virgilio nella profezia dell’Inferno (Canto I), quale possibile rimedio per sconfiggere la “lupa”, immagine della Cupidigia, di cui così dice:
“Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ‘l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapienza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro.”
Il veltro, presumibilmente riferito a Cangrande, non sarà avido di dominio né di ricchezza, bensì si ciberà di sapienza e sarà di umili origini.
Nell’acquerello finito di Gatteri, l’immagine del giovane signore di Verona sembra pienamente rispecchiare tali virtù. Nella profusione dei magnifici dettagli degli abiti medievali, minuziosamente riprodotti da Gatteri, Dante porge a Cangrande il volume prezioso a lui dedicato, con espressione visibilmente ammirata e fiduciosa.