Gli amici di Dante e del giovane Petrarca: Sennuccio del Bene

Dante e Petrarca in fasi diverse della vita, furono entrambi amici di poeti esponenti del Dolce Stil Novo. Petracco aveva parlato al figlio Francesco, di Dante, ma il poeta della Commedia era ricordato di frequente anche dagli amici di Petrarca, come Sennuccio del Bene (Firenze 1270 ca– 1349). Infatti dal marzo 1313 anch’egli ebbe confiscati i beni e fu esule da Firenze per aver partecipato al suo assedio al sèguito delle truppe di Arrigo. Secondo una certa tradizione Sennuccio fu addirittura corrispondente di Alighieri. A Dante è attribuito – benché la tradizione poggi su un solo manoscritto – il sonetto Sennuccio, la tua poca personuzza , scherzosa risposta alla canzone di Sennuccio Amor tu sai ch’io son col capo cano, nella quale esprime il suo disagio per essersi innamorato in età avanzata. La canzone è rivelatrice di come Sennuccio conoscesse la Divina Commedia, perché egli scrive “tu se quel che a nullo amato amar perdona”, un verso in cui Dante esprime la forza dell’amore passionale, che travolge i sensi e non consente a una persona che sia davvero amata di non ricambiare il sentimento. Dante lo fa pronunciare nel canto V dell’Inferno (v. 103) a Francesca da Rimini, adultera per amore del cognato Paolo Malatesta. Ma c’è chi ipotizza che Dante abbia notato il verso in Amor tu sai ch’io son col capo cano di Sennuccio e lo abbia riproposto nella Commedia.

 

 

Dopo il 1313 l’esule Sennuccio si incontrò ad Avignone, affollata da Bianchi fiorentini, con la famiglia di Petrarca, già conosciuta nella città natale. Di Petrarca egli fu l’interlocutore privilegiato sino alla fine degli anni Quaranta . Sull’incoronazione poetica che Francesco ebbe nel 1341 in Campidoglio per mano di Roberto d’Angiò, Sennuccio compose la lettera destinata ad informarne Cangrande della Scala, il signore di Verona che ospitò Dante tra il 1312 e il 1318.

Epistola di Sennuccio del Bene della Incoronatione di Messer Francesco Petrarca, fatta in Roma … MCCCXLI al Magnifico Signor Cangrande della Scala Firenze, Lorenzo Torrentino 1553 Trieste, Museo petrarchesco piccolomineo PETR. III 105

Secondo alcuni commentatori è Sennuccio l’ombra che si offre di guidare il poeta nei Trionfi. Petrarca fa dire all’anonima guida nei regni di Amore, Castità, Morte, Fama, Tempo ed Eternità: “vero amico / ti son e teco nacqui in terra tosca”.

A lui Francesco dà un posto nel corteo dei poeti del Trionfo d’Amore (IV 36 seg.)

ecco i duo Guidi che già fur in prezzo,
Onesto Bolognese, e i Ciciliani,
che fur già primi e quivi eran da sezzo,
Sennuccio e Franceschin, che fur sì umani
come ogni uom vide;

Trionfo d’amore IV 36 sg. Museo Petrarchesco piccolomineo ms Petr. I 5. Copista e miniatore Felice Feliciano carta 39 rv

Alla sua morte, avvenuta prima del 28 novembre 1349, l’amico di una vita dedicò il componimento Sennuccio mio, benché doglioso et solo.

Ma ben ti prego che’n la terza spera
Guitton saluti, et messer Cino, et Dante,
Franceschin nostro, et tutta quella schiera.

Petrarca fa omaggio all’amico di una vita, inserendolo nel suo pantheon ideale insieme a Guittone d’Arezzo, Cino da Pistoia, Dante e Franceschino degli Albizzi.

Proponiamo il componimento nella carta del codice petrarchesco I 17, comprato – con la mediazione di Umberto Saba – dal direttore della Biblioteca Civica “Attilio Hortis” nel 1950 (fig. 3).

Francesco Petrarca, Canzoniere 287 Sennuccio mio, benché doglioso et solo. Museo Petrarchesco piccolomineo ms Petr. I 17 carta 109r