Ravenna, 13 e 14 settembre 1908: Firenze e Trieste. Due città, l’una italiana, l’altra ancora soggetta allo straniero, che con un sentito tributo a Dante, mirano a due ulteriori obiettivi: la prima a cancellare il disagio di secoli per la cacciata dell’illustre figlio, la seconda – onorando il “padre della lingua italiana” – a consolidare, assieme ad altre località irredente, la speranza di congiungersi, un giorno, all’Italia unita.
Due città protagoniste di un progetto ammirevole nato dalla necessità di illuminare adeguatamente il sepolcro ravennate del “sommo Poeta”: l’offerta della lampada votiva e dell’olio per alimentarla e quella dell’ampolla per contenerlo.
Secondo il programma ufficiale la manifestazione avrebbe dovuto iniziare il 13 settembe con l’inaugurazione della Sala Dantesca all’interno della splendida Biblioteca Classense. Ma dalle cronache dei quotidiani dell’epoca veniamo a conoscenza di alcuni cambiamenti.
L’ampolla e numerosi cittadini delle terre irredente guidati da Attilio Hortis (Trieste 1850-1926) presidente del comitato nato per finanziare l’opera giunsero alla darsena di Ravenna via mare: da lì il corteo formatosi si diresse dapprima al Municipio ravennate e di seguito alla Biblioteca per poi recarsi al centrale Teatro Alighieri per la consegna formale dei doni votivi.
Ma il momento più toccante fu quello all’interno del sepolcro: dopo che l’olio contenuto nell’ampolla – collocata sulla colonna ricavata da una stalattite carsica procurata dalla Società Alpina delle Giulie – fu utilizzato per riempire la lampada votiva donata dalla Società Dantesca Italiana, il sindaco di Firenze accese il lume con i fiammiferi ricevuti dal presidente dell’associazione, Isidoro Del Lungo (Montevarchi 1841-Firenze 1927), al quale li aveva consegnati Riccardo Zampieri (Trieste 1859-1930), l’ideatore dell’iniziativa tergestina, fatta propria e realizzata dal Circolo Artistico di Trieste.
I festeggiamenti proseguirono con un banchetto all’Hotel Byron dove, per omaggiare le città ospiti, il menu incluse anche pietanze delle tradizioni locali triestina e fiorentina, bagnate dai vini di Romagna. Qui Riccardo Pitteri (Trieste 1853-Roma 1915) tenne il suo toccante discorso.
E ancora proiezioni, musica e intrattenimenti per arrivare, il 14, al tour nei luoghi notevoli del territorio ravennate.
Fu così che si conclusero le due giornate di Feste dantesche, trascorse nell’entusiasmo e nell’atmosfera di generosa ospitalità che la città romagnola riservò ai fratelli fiorentini e giuliani in un comune abbraccio al “al sommo Poeta”.