Eracle cattura il mostro Cerbero

Tra le Discese mitologiche la più famosa è forse quella di Eracle (Ercole per i romani), durante la sua ultima fatica.

La figura di Eracle/Ercole è quasi ogni presente sui vasi, oggetti e statuine del Museo, tanto nelle collezioni greche che in quelle romane, con pezzi provenienti pure dal territorio triestino.

Specchio in bronzo che sul retro raffigura “l’allattamento di Ercole da parte di Giunone”, del I-II secolo d.C. trovato ad Aquileia Museo d’Antichità, inv. 1346

Ercole, figlio di Zeus/Giove e una donna umana, divenne immortale per aver ricevuto il latte dalla dea Era/Giunone: lo specchio proveniente da Aquileia mostra la scena tramandata da Igino (Astronomica, II, 43) istantanea dell’attimo successivo al ritrovamento da parte della dea del neonato Eracle/Ercole abbandonato dalla madre e precedente il violento approccio di lui che Giunone istintivamente allontanerà dal proprio seno morso con violenza: ne uscirà uno spruzzo dando origine alla Via Lattea.

Per espiare la colpa tremenda di aver sterminato moglie e figli in un raptus di follia indotta dalla gelosa Era, Eracle si mette al servizio di suo cugino Euristeo, sovrano di Tirinto e di Micene, così come suggerito dall’oracolo di Delfi. Il re gli ordina di compiere una serie di imprese molto dure e pericolose, conosciute dai posteri come le leggendarie fatiche dell’eroe. L’ultima, la dodicesima, è la più ardua: catturare vivo Cerbero, il terribile cane a tre teste a guardia dell’oltretomba.

L’eroe raggiunse il capo Tenaro laddove una buia spelonca introduceva a una delle porte dell’Ade. Sotto l’autorevole guida di Ermes egli si addentrò in quel gelido mondo sotterraneo.

Il dio Ade, conoscendo personalmente l’arditezza dell’eroe, che aveva steso con pochi colpi il suo mandriano, si convinse che valeva la pena di ascoltare le sue ragioni. Acconsentì così a dargli il cane Cerbero, a patto però che Eracle riuscisse a domarlo con le sole mani, senza usare armi. Così, dopo una lotta estenuante, Cerbero fu costretto ad arrendersi quando Eracle riuscì a serrargli tra le potenti braccia la base dei tre colli. Euristeo, vedendo Eracle tornare con il mostro infernale sulle spalle, si sentì morire per la paura e ordinò che Cerbero venisse rimandato presso l’Ade.

In Ovidio (Metamorfosi, libro VII ) si legge:

C’è una spelonca il cui ingresso è occultato
dalla foschia: da qui, lungo una via scoscesa, Ercole, l’eroe
di Tirinto, trascinò fuori, stretto in catene d’acciaio, Cerbero,
che s’impuntava e storceva gli occhi non sopportando
gli accecanti raggi del sole: dibattendosi come una furia
per la rabbia, il mostro riempì il cielo di un triplice latrato,
cospargendo l’erba dei campi di bava bianchiccia.
E si pensa che questa, coagulandosi, trovasse alimento
nella fertilità del suolo e divenisse un’erba velenosa,
che nasce rigogliosa in mezzo alle rocce, ed è chiamata per questo
acònito dai contadini.

Vaso per il vino (stamnos) in ceramica attica a figure rosse che raffigura “L’apoteosi di Eracle” del 500-450 a.C. Museo d’Antichità, inv. S.424

A conclusione della sua vita terrena, Eracle/Ercole venne portato sull’Olimpo dalla sorella Atena per presentarlo, come mostra uno splendido stamnos del Museo, agli altri dei: Zeus, Era, Artemide, Dioniso, Apollo, Ebe, Poseidone e Ermes. Dipinto quasi 2.500 anni fa, per noi oggi è come un libro di mitologia greca che restituisce l’immagine dei personaggi che hanno accompagnato i nostri studi e dato vita alla nostra fantasia.

Serie di figurine in bronzo raffiguranti Ercole dalla Stipe di Gretta

Un deposito votivo rinvenuto nel 1904, sotterrato in un prato nel rione triestino di Gretta (lungo l’antica via di collegamento tra Aquileia e Tergeste). Detto Stipe di Gretta, era composto da una ventina di bronzetti mutilati e danneggiati intenzionalmente in antico che raffigurano Ercole secondo tre iconografie – “in riposo”, “combattente” e “bibax” (con il bicchiere) – databili nel lungo lasso di tempo dal V-IV al II-I secolo a.C. Si trattava forse di un deposito votivo offerto da un mercante romano, di probabile origine italica, che indicherebbe la presenza di un luogo di culto, un santuario all’aperto, dedicato al dio Ercole almeno dal IV secolo a.C.

Rilievo con figura di Ercole in una grotta, rinvenuto presso le Aurisina nel 1842 II-III secolo d.C. Museo d’Antichità, inv. 2203
Cose dell’altro mondo: l’inferno degli antichi

L’omaggio del Museo d’Antichità “J.J. Winkelmann” a Dante Alighieri, a 700 anni dalla morte, è un’indagine sulle sue fonti: a chi si è ispirato? Un percorso in tredici tappe tra alcuni reperti delle ricche collezioni archeologiche del museo collegabili agli dei e ai personaggi che hanno compiuto il viaggio nell’al di là.