Dante Alighieri e i paesaggi italiani evocati nella Divina Commedia sono descritti in fotografia non solo nei positivi sciolti ma anche in album e volumi.
Nel 1858 lord Vernon William Warren (1834-1919), appassionato dantista inglese, avvia la pubblicazione dell’Inferno e spiega nell’introduzione che le immagini presenti sono state riprese da dagherrotipi realizzati appositamente in Toscana, Lombardia e Romagna col fine di illustrare i luoghi e i monumenti amati da Dante.
Il nome del Sommo Poeta si presta a essere utilizzato come strumento di rivendicazione dell’italianità soprattutto nelle città del Triveneto della seconda metà dell’Ottocento. Il complesso scultoreo dedicato a Dante, realizzato dallo scultore fiorentino Cesare Zocchi (1851-1922) nel 1896 a Trento, nasce in risposta al monumento del trovatore Walther von der Vogelweide (1170 ca.-1230 ca.), inaugurato a Bolzano nel 1889. Il Sommo Poeta è un simbolo dell’italianità di quelle terre ma, al contempo, sottende a logiche commerciali e imprenditoriali connesse alla nascente industria del turismo. La rappresentazione fotografica del monumento contribuisce a reclamizzare il volto italiano della città trentina. L’atelier del primo fotografo stabile trentino Giovanni Battista Unterveger (1833-1912), allievo del dagherrotipista Ferdinand Brosy (1805-?), effettua una sistematica campagna di documentazione del complesso dedicato a Dante che divulga in positivi sciolti e in album.
L’album fotografico, in 8° oblungo, comprende 3 tavole di testo e 9 tavole con fotoincisioni protette da veline parlanti. Al contrario delle cartoline conservate in Fototeca, l’atelier del fotografo qui indugia sui particolari del monumento restituendo la volumetria e il dinamismo delle figure, gli effetti chiaroscurali, l’intensità dello sguardo di Dante.
Corrado Ricci (1858-1934) cura nel 1898 la Divina Commedia illustrata nei luoghi e nelle persone corredata da 30 eliotipie e 400 zincotipie. Le fotografie realizzate da professionisti e dilettanti esplorano i luoghi danteschi. Ricci preferisce la fotografia perché ritenuta oggettiva, non fantasiosa e perché consente di ricreare le fonti di ispirazione del poeta.
Nella riedizione dell’opera nel 1921, Ricci avrà un ripensamento e riproporrà il testo lasciando più spazio alle riproduzioni artistiche.
Soprattutto nel 1921, anno del centenario dalla morte di Dante, sono pubblicate diverse edizioni della Divina Commedia ricche di apparati iconografici.
Risale a quell’anno, il volume Paesaggi italici nella Divina Commedia pubblicato da Vittorio Alinari che comprende paesaggi naturalistici e vedute di città rielaborati in chiave metafisica. Si tratta di un diario visivo alla scoperta dei luoghi di Dante in cui l’autore predilige il formato orizzontale della veduta affinché l’occhio riposi nella contemplazione per poter meglio recuperare le emozioni provate dal poeta.