Può sembrare paradossale ma, se a inizio ‘900 l’Italia può vantare un primato europeo nella scoperta della poesia giapponese contemporanea, il merito è dello sviscerato amore per Dante del letterato giapponese Shimoi Harukichi (Asakura, Fukuoka 1883-Tokyo 1954), che nel 1915 si trasferì in Italia, quale lettore di giapponese presso il Reale Istituto Orientale di Napoli.
Qui si legò d’amicizia con il letterato Gherardo Marone (1891-1962), collaborando alla rivista “La Diana” da questi fondata e diretta tra il 1915 e il 1917: aperta alle più varie esperienze e orientata a un rinnovamento della poesia, grazie a Shimoi vi apparvero le prime – libere – traduzioni di poesie giapponesi. La collaborazione tra i due letterati si concretizzò poi nell’opera Poesie giapponesi pubblicata a Napoli nel 1917, di cui a Trieste si conserva una copia (purtroppo priva della copertina disegnata dallo stesso Shimoi) nella Biblioteca dei Civici Musei di Storia ed Arte, nel fondo bibliografico donato da Aldo Mayer (1882-1953), giornalista e figlio di Teodoro Mayer, fondatore de “Il Piccolo”. Il volumetto diventò all’epoca un vero e proprio caso letterario: intellettuali e letterati si divisero tra chi ne esaltava la novità e chi si interrogava sull’autenticità dei poeti e dei testi, come Goffredo Bellonci, che manifestò perplessità persino sull’effettiva esistenza di Shimoi.
Shimoi non si accontentò di adagiarsi in una nicchia letteraria ma, nel 1918, ottenne di essere inviato come giornalista in prima linea. Tra i primi a entrare in Trento liberata, il 4 novembre, si recò immediatamente in piazza Dante a omaggiare l’imponente effigie del Sommo Poeta, come egli stesso racconta:
«Solenne era il momento. Mezzanotte era già passata. Venne la pioggia sottile sottile. Nel cielo oscuro, il monumento sorgeva nero e altero. E, sul marmo lucido del suo piedistallo, s’inginocchiò e s’inchinò reverente, sotto la dolce pioggerella, un piccolo giovane che è venuto dall’Estremo Oriente, lasciando lontano i suoi cari, sfidando il mar tempestoso che si estende per cinquemila miglia, guidato solo dall’amore delle divine parole del Poeta […]».