Non dimentichiamoci che Dante, prima di divenire uomo politico e letterato, fu un feditore a cavallo dell’esercito guelfo durante la battaglia di Campaldino (11 giugno 1289) e poi nell’assedio della rocca di Caprona.
Nei versi dell’Inferno, e non solo, i ricordi dei conflitti vissuti furono la fonte di invenzioni letterarie che evocano realtà guerresche, di vita militare e particolari sanguinari, patrimonio solo di chi li ha conosciuti.
Il libro di Pierre Giffard (Fontaine-Le-Dun 1853 – Maisons-Laffitte 1922), La Guerre Infernale : Grand Roman d’Aventures pour la Jeunesse (1908), richiama la prima cantica dantesca nel titolo e ancor più nel capitolo di pagina 284, “Evocation du Dante” quando, in particolare, narra “et il me semble revoir en une minute les pages les plus terribles du Dante. Ah! C’est bien la guerre infernale qu’on nous prédisait! Mais elle dèpasse encore en horreur ce que ses pires prophètes avaient imaginé!“
Copertina e frontespizio del I tomo dell’opera di Pierre Giffard, conservato nella Biblioteca del Civico Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez” (H 3 – 369).
Seppure romanzo di avventura per ragazzi che descrive una guerra mondiale non ancora accaduta, il testo è integrato dalle illustrazioni del fondatore della “fantasia dell’arte”, Albert Robida (Compiegne 1848 – Neuilly-sur-Seine 1926), alcune delle quali molto forti che potremmo definire quantomeno strane se destinate alle giovani generazioni. Contenuti avveniristici supportati da congetture tecnologiche futuristiche alimentate dal progresso della Seconda rivoluzione industriale che Robida potè toccare con mano nelle Esposizioni universali parigine della seconda metà dell’800.
I disegni, alcuni dei quali acquistati da de Henriquez a Roma nel 1957, definiscono l’artista quale profondo conoscitore – oltre che dello sviluppo tecnologico – anche dell’animo umano, fino ai suoi meandri più reconditi.
Dal libro di Giffard alla consapevolezza che ogni guerra è un “inferno” il passo è breve come anche capire che l’eredità di de Henriquez lo testimonia attraverso gli strumenti di morte, gli scritti e le immagini cruente che fissano la sofferenza e lo sconcerto di soldati e di popolazioni inermi, vittime della scelleratezza e del desiderio di dominio di pochi potenti, abili macchinatori di odio.
L’incursione aerea del 17 febbraio 1945 colpisce alcuni edifici nell’area dei cantieri triestini provocando uno spaventoso incendio. Poco dopo persone sconsolate si allontanano dall’area lasciando dietro a sé desolazione e distruzione.
Archivio fotografico del Civico Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez”, inv. n. 16273 e 16477.
Come il poema di Dante ha un significato didascalico-allegorico in cui il viaggio simbolico del poeta indica la strada dal peccato alla salvezza eterna, così l’obiettivo principale di de Henriquez fu quello di traghettare l’uomo su una nuova rotta che dalla turpitudine della guerra lo conducesse sulla via del bene e della pace universale.