Passando infine al mondo latino, la più famosa discesa agli inferi è certamente quella descritta da Publio Virgilio Marone nell’Eneide, composta per onorare l’imperatore Augusto (tra il 31 e il 19 a.C.), dove si narra del troiano Enea che, fuggendo dalla sua città in fiamme, salva il Palladio che trasporterà in Lazio, per fondare la nuova civiltà dalla quale avrà origine Roma.
Nella sala dei Vasi greci del Museo una piccola anfora mostra su un lato uno dei momenti finali della guerra di Troia: l’eroe greco Aiace, armato di lancia, stante con indosso la corazza, gli schinieri e una pelle di pantera, si rivolge verso il centro della scena, dov’è il Palladio, sotto al quale cerca di nascondersi Cassandra, dalla figuretta seminuda. Uno spettatore osserva la scena, a destra.
Il Palladio era un simulacro ligneo sacro alla dea Atena (qui raffigurato con elmo, corazza e lungo manto, armato di lancia e grande scudo rotondo) dotato del potere di difendere la città, che cadde solo dopo che Ulisse e Diomede lo rubarono. Secondo un’altra tradizione invece Enea aveva già tolto il vero Palladio che egli portò a Roma.
Nel VI libro dell’Eneide il protagonista Enea, con l’aiuto della Sibilla Cumana e munito del ramo d’oro, dono superbo per ottenere il passaggio da Caronte, entra vivo nel regno di Dite (Ade per i greci).
In Virgilio, l’architettura degli inferi è articolata: superati i guardiani Caronte e Cerbero, si ode il pianto dei bambini non nati, poi c’è Minosse, il giudice infernale che interroga i morti, ne apprende i delitti e assegna i giudici e quindi la pena. Si attraversano i Campi del Pianto, riservati ai morti suicidi e a coloro che in vita furono travolti dalla passione, e i Campi degli Eroi che accolgono tutti i Caduti in guerra. A questo punto si presenta il bivio: una via conduce alla città di Dite e ai Campi Elisi, mentre l’altra conduce al Tartaro, luogo di pena per i malvagi. Un’immensa città circondata da un fiume di fuoco, il Flegetonte, che Enea non può visitare. Egli pertanto prosegue per l’Eliso dove fra boschi, prati e ruscelli, in un’atmosfera di serenità e di quiete, dimorano le anime degli artisti, dei sacerdoti, degli eroi e di tutti i benefattori dell’umanità.
Qui, nei Campi Elisi, Enea trova il padre Anchise, il quale lo guida attraverso le anime dei morti e gli mostra quelle di coloro che ancora devono nascere, i suoi futuri discendenti, da Romolo ad Augusto. Enea è alla ricerca delle ragioni stesse della fine di Troia e del suo doloroso peregrinare, e Anchise gli mostra non solo il suo destino, ma anche quello di tutta la sua stirpe.
Anchise illustra al figlio la dottrina della reincarnazione, secondo la quale, dopo essersi completamente purificate dalla contaminazione del corpo, le anime, trascorsi mille anni, si abbeverano alle acque del Lete e ritornano alla vita.
Cose dell’altro mondo: l’inferno degli antichi
L’omaggio del Museo d’Antichità “J.J. Winkelmann” a Dante Alighieri, a 700 anni dalla morte, è un’indagine sulle sue fonti: a chi si è ispirato? Un percorso in tredici tappe tra alcuni reperti delle ricche collezioni archeologiche del museo collegabili agli dei e ai personaggi che hanno compiuto il viaggio nell’al di là.