Dantes Adriacus

Nella ricca collezione di disegni e stampe dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste si conservano due esemplari del Dantes Adriacus, entrambi incisi dall’artista Adolfo de Carolis nel 1920, a commemorazione del sesto centenario della morte del sommo poeta, con dedica autografa di Gabriele D’Annunzio. Il Vate fece riportare la seguente dedica: PER LA CITTA’ DI VITA E PER GABRIELE D’ANNUNZIO ADOLFO DE CAROLIS PICENO INCISE MCMXX, per donarla a personaggi, enti pubblici italiani, in occasione di specifiche cerimonie o commemorazioni, alle quali egli stesso presenziava. (La città di vita di cui si parla è Fiume).

L’esemplare qui proposto fu da lui offerto nel 1921 al Municipio di Trieste, che nel 1939 lo donò ai Civici Musei di Storia ed Arte, con la consapevolezza che questa istituzione l’avrebbe conservato con accortezza e rispetto.
Dante è raffigurato frontalmente, a mezzo busto, con lo sguardo fisso davanti a sé e il capo cinto d’alloro, dopo aver concluso la stesura della Divina Commedia. Le mani sono incrociate sopra agli ultimi versi della Terza Cantica (“A l’alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa”). In primo piano, sullo scrittoio, sono collocati altri due libri: il Convivio, alla destra del poeta, e la Vita Nova, alla sua sinistra. Sullo sfondo, tre arcate chiudono la scena a simboleggiare le tre cantiche: quella di sinistra, immersa nel buio, rappresenta l’Inferno, quella centrale, coperta dal volto del poeta, il Purgatorio, e quella di destra, imbevuta di luce e con una lucerna accesa (simbolo della Sapienza), il Paradiso.

La cornice che la contiene è originale e fu commissionata dall’Economato Civico allo scultore Ignazio Franco, che intagliò il legno con il motivo della foglia d’alloro, simbolo di gloria eterna e trionfo che ben s’addice al soggetto raffigurato.
Nel 1935, per l’inaugurazione del monumento a Cesare Battisti sul Doss Trento, Gabriele d’Annunzio invia al podestà di Trento il Dantes Adriacus, la medesima incisione di Adolfo De Carolis, con la seguente dedica: Al popolo cruciato e fedele di Trento offro questa effigie aquilina, per significare l’impronta dantesca onde fu segnato in eterno Cesare Battisti che alla Causa adriaca – alla mia Causa bella – diede il suo figlio.
Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso, AP, 1874-Roma, 1928) fu un pittore, incisore, illustratore, xilografo e fotografo, protagonista dell’arte italiana idealista e simbolista fra Ottocento e Novecento, De Carolis influì in modo determinante negli sviluppi formativi del gusto floreale, operando in egual misura anche nei campi dell’illustrazione, della pittura e della fotografia. I primi anni del Novecento furono per l’artista assai importanti: partecipò al concorso Alinari per una nuova edizione della Divina Commedia e si trasferì a Firenze, ove insegnò ornato all’Accademia. Fu allora che si rafforzò il legame con Giovanni Pascoli e nacque l’amicizia e la collaborazione con D’Annunzio, testimoniata da una lunga corrispondenza. Nel 1920 De Carolis e il vate contribuirono alla realizzazione di quattro francobolli celebranti l’impresa di Fiume, nei quali è visibile la maniera grafica inconfondibile dell’artista, presente anche nell’opera qui proposta.