Dante e la botanica: Paradiso

Siamo giunti all’ultimo appuntamento del contributo portato dal botanico Roberto de Visiani in occasione della pubblicazione dell’opera “Dante e il suo secolo. XIV maggio 1865” sulle conoscenze di Dante sulla Botanica.

Anche nel Paradiso, il botanico italiano scopre quanto il Poeta conosca questa materia e le sue dinamiche e come nell’Inferno e nel Purgatorio utilizzi le piante per raccontare la natura umana.

Prunus domestica, Erbario Carlo Zirnich, Museo Civico di Storia Naturale, Trieste

Nel XXVI canto Dante, per Visiani, espone chiaramente il concetto che “lo star ritto de’ tronchi e de’ rami, e la costante loro tendenza al cielo, in opposizione alle radici” non sia una cosa accidentale ma una proprietà vitale e fisiologica delle piante (Par. XXVI, 85-87).

Così nel VIII canto, parlando delle sementi che, se piantate in luoghi sfavorevoli, non germinano o germinano male, le paragona alla natura umana, che se non è indirizzata bene, volge al male (Par. VIII, 139-141).

Le stesse similitudini tra la botanica e la natura umana le troviamo nel canto XII e XIII, quando, parlando delle piante che intristiscono o della vite che si imbianca, non le considera come la conseguenza di una malattia crittogamica (cioè causata da parassiti o patogeni), bensì come mal coltura da parte del contadino o del vignaiolo; così l’uomo spesso ha cattive abitudini (Par. XII, 87 e Par. XIII, 67-72).

Nel canto XXVI Dante, secondo Visiani, ascrive la capacità dei rami che si piegano e poi si raddrizzano quando soffia il vento non solo ad una elasticità o proprietà fisica dei rami verdi rispetto ai rami secchi, ma a una qualche proprietà speciale che Dante definisce “Virtù propria”. Questa virtù è la stessa che rivolge verso il cielo le aree verdi in contrapposizione all’oscurità della terra (Par. XXVI, 85-87).

Infine, per Visiani, Dante compara l’immagine dei fiori delle susine, che marciscono quando le piogge sono continue, con la volontà degli uomini a fare del bene, ma i cattivi esempi e le brutte abitudini rattristano le buone disposizioni dell’animo (Par. XXVII, 121-127).

Vitis vinifera, Erbario Carlo Zirnich, Museo Civico di Storia Naturale, Trieste

Il botanico finisce la sua analisi su Dante e la botanica sottolineando che sicuramente ci sono altri passi in cui il Poeta parla di piante, dimostrando tutta la sua conoscenza e capacità di osservazione verso questa scienza, e sottolinea che altri poeti hanno usato le piante o gli argomenti scientifici per arricchire le loro opere ma Dante per Visiani era:

“… il Gran Poeta che vide alcune volte pria d’altri verità fisiche del tutto nuove e superiori al suo secolo”