Nel 1907 la Società Dantesca di Firenze fece realizzare una lampada votiva per illuminare perennemente la tomba di Dante, da collocare in occasione delle Feste Dantesche da essa organizzate a Ravenna il 13-14 settembre 1908. Riccardo Zampieri, direttore del giornale triestino “L’Indipendente”, propose a Trieste di unirsi all’omaggio, offrendo un’ampolla argentea per contenere l’olio che alimentava la lampada, donato in perpetuo dal Comune di Firenze. Il Circolo Artistico Triestino aderì entusiasticamente, formando un “Comitato per l’ampolla di Dante”, incaricato della raccolta dell’argento e del concorso fra gli artisti, bandito nel febbraio 1908.
L’ampolla fu fusa con l’argento donato dai triestini e le cinque province irredente fornirono ciascuna l’argento necessario alla modellazione della “propria” vergine; la Società Alpina delle Giulie offrì la colonna, tratta da un masso proveniente da una grotta del Carso, e la città di Fiume la ghirlanda argentea che ne abbraccia il capitello. L’Ampolla venne fusa da Isidoro Bragadin e cesellata da Daniele Pascoli.
Trasportata via mare su quattro piroscafi – di cui uno comandato da Nazario Sauro – fu consegnata a Ravenna il 13 settembre 1908 da un corteo guidato da Attilio Hortis – presidente del Comitato – che aveva suggerito di incidere sul manico, rifacendosi a San Bernardo di Chiavaravalle, i versi “Oleum lucet | fovet ignem” (“l’olio illumina, alimenta il fuoco”). Essi, nell’opera finita, muteranno in “Oleum lucet | fovet flammam”, evocando la fiamma che da sempre ardeva invisibile sulla tomba del Sommo Poeta e cui era stata data definitiva concretezza, ma simboleggiando altresì la speranza di Trieste e delle altre province irredente.